Ordinanza n. 191 del 2023

ORDINANZA N. 191

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 9 marzo 2022 (Doc. IV, n. 10), con la quale è stata rigettata la richiesta avanzata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma, ai sensi dell’art. 6, comma 2, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), di autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni in cui è stato coinvolto il senatore Armando Siri nell’ambito del procedimento penale n. 12460 del 2017 R.G.N.R. D.D.A., compiute dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo e confluite nel procedimento n. 40767 del 2018 R.G.N.R. e n. 9200 del 2019 R.G.Dib., promosso dal Tribunale ordinario di Roma con ricorso depositato in cancelleria il 27 febbraio 2023 ed iscritto al n. 3 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2023, fase di ammissibilità.

Udito nella camera di consiglio del 20 settembre 2023 il Giudice relatore Stefano Petitti;

deliberato nella camera di consiglio del 20 settembre 2023.

Ritenuto che, con ricorso depositato il 27 febbraio 2023 (reg. confl. poteri n. 3 del 2023), il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, chiedendo che venga dichiarata la non spettanza del potere di quest’ultimo di negare, con la deliberazione del 9 marzo 2022 (Doc. IV, n. 10), l’autorizzazione a utilizzare nei confronti del senatore Armando Siri le conversazioni telefoniche intercettate nell’ambito del procedimento penale n. 12460 del 2017 R.G.N.R. D.D.A. dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo e confluite nel procedimento n. 40767 del 2018 R.G.N.R. e n. 9200 del 2019 R.G.Dib. pendente presso il Tribunale di Roma, adducendo «la incerta e implausibile configurazione del requisito della necessità relativamente alle intercettazioni del 15 maggio 2018, prog. 2521 e prog. 2523», nonché la «mancanza del requisito della fortuità e occasionalità in relazione alle telefonate del 17 maggio 2018, prog. 2618, del 17 luglio 2018, prog. 5760, del 4 agosto 2018 prog. 5997 e del 6 agosto 2018, prog. 6043, 6044 e 6090»;

che, secondo quanto risulta dal ricorso, il senatore Siri è stato iscritto nel registro degli indagati il 25 settembre 2018 a seguito dell’imputazione, in concorso con P.F. A., per il reato di corruzione di cui agli artt. 318 e 321 del codice penale, perché, in qualità di senatore della Repubblica e di Sottosegretario di Stato presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, avrebbe asservito le sue funzioni a interessi privati, favorendo l’inserimento, in provvedimenti normativi di rango regolamentare e legislativo, di contenuti favorevoli agli interessi economici di P.F. A., a fronte della «promessa e/o [del]la dazione» di 30.000,00 euro da parte di quest’ultimo;

che, nel corso delle indagini effettuate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo (solo successivamente trasferite presso il Tribunale procedente), sarebbero emersi – a partire dal maggio 2018 – contatti sporadici tra alcuni imputati, titolari di impianti di produzione di energia da fonti alternative, e il senatore Siri, la cui iscrizione nel registro degli indagati sarebbe conseguita a una captazione di una conversazione ambientale del 10 settembre 2018, nel corso della quale gli imputati avrebbero riferito della necessità di «ricompensare» il senatore Siri per attività svolte in loro favore e, segnatamente, per l’inserimento di un emendamento nella legge di conversione di un decreto-legge;

che, con ordinanza del 23 giugno 2021, a fronte della richiesta avanzata dal pubblico ministero in ordine all’utilizzo di tutte le conversazioni cui aveva partecipato il senatore Siri, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma ha chiesto al Senato della Repubblica l’autorizzazione, ai sensi dell’art. 6, comma 2, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), in relazione alle sole conversazioni intercettate nell’ambito del procedimento penale in un momento antecedente all’iscrizione del senatore nel registro degli indagati, «ritenendo che per quelle successive sarebbe stata necessaria l’autorizzazione preventiva»;

che, secondo quanto riferisce il ricorrente, il Senato della Repubblica, con deliberazione assunta in data 9 marzo 2022, ha negato la richiesta autorizzazione «per la incerta e implausibile configurazione del requisito della necessità relativamente alle intercettazioni del 15 maggio 2018, prog. 2521 e prog. 2523», nonché «per mancanza del requisito della fortuità e occasionalità in relazione alle telefonate del 17 maggio 2018, prog. 2618, del 17 luglio 2018, prog. 5760, del 4 agosto 2018 prog. 5997 e del 6 agosto 2018, prog. 6043, 6044 e 6090»;

che, ad avviso del ricorrente, a fondamento della richiesta di autorizzazione vi sarebbe la rilevante necessità di utilizzo di tali intercettazioni, poiché «dalle stesse […] emergono i contatti tra l’imprenditore e il parlamentare finalizzati alla presentazione degli emendamenti ai provvedimenti normativi in corso di discussione in Parlamento ed aventi ad oggetto il settore economico d’interesse dell’imputato A[.]»;

che, quindi, le stesse intercettazioni – prosegue il ricorso riportando il contenuto della richiesta di autorizzazione – «appaiono astrattamente rappresentative del contesto spazio temporale in cui avrebbe operato il Senatore e il Sottosegretario Armando Siri a seguito della consegna o promessa di denaro nelle modalità e finalità illecite prospettate dalla pubblica accusa»;

che, alla luce di ciò, sarebbe basata su un erroneo dato di fatto la valutazione contenuta nella deliberazione di diniego da parte del Senato della Repubblica dell’autorizzazione all’utilizzazione delle due intercettazioni del 15 maggio 2018, secondo cui queste, per il fatto di essere avvenute in un momento antecedente all’assunzione della carica di Sottosegretario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del senatore Siri (13 giugno 2018), renderebbero evidente l’implausibilità del requisito della necessità dell’utilizzo delle stesse, perché relative a condotte svolte anteriormente all’assunzione della carica governativa;

che, al contrario, le condotte ascritte al senatore Siri in qualità di pubblico ufficiale renderebbero indifferente che una parte della condotta sia stata commessa quando «l’imputato era solo Senatore, potendo il sostegno ad un emendamento legislativo in cambio di utilità essere dato sia in tale qualità che in quella, successivamente assunta, di Sottosegretario»;

che il diniego di autorizzazione, pertanto, travalicherebbe l’ambito delle attribuzioni riservate alla Camera di appartenenza del parlamentare dall’art. 68, terzo comma, Cost., secondo il quale a questa spetterebbe di verificare, conformemente a quanto si ricava dall’art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003, unicamente l’assenza di ogni intento persecutorio o strumentale della richiesta e la sussistenza dell’affermata necessità dell’atto, motivata in termini di non implausibilità (è richiamata la sentenza n. 188 del 2010 di questa Corte);

che priva di fondamento sarebbe anche la motivazione che ha condotto il Senato della Repubblica a ritenere che, in relazione alle conversazioni, intercettate il 17 maggio, il 17 luglio, il 4 e il 6 agosto 2018, difetti il requisito della occasionalità; motivazione secondo cui si sarebbe avuto un mutamento della direzione dell’atto di indagine nel momento in cui, dopo le due captazioni del 15 maggio 2018, la Procura procedente poteva, alla stregua di criteri di plausibilità e di ragionevolezza, rendersi conto del coinvolgimento del parlamentare, e conseguentemente disporre l’immediata sospensione dell’attività di intercettazione;

che, secondo il ricorrente, al contrario di quanto ipotizzato dal Senato della Repubblica, solo in un momento successivo si sarebbe determinato il mutamento degli obiettivi nella direzione delle indagini, e cioè quando, in occasione della riferita intercettazione ambientale avvenuta il 10 settembre 2018, era emersa la notizia relativa alla consegna di una somma di denaro per l’inserimento di emendamenti normativi favorevoli ai coimputati;

che le intercettazioni avvenute prima di tale data, al contrario, testimonierebbero solamente «sporadiche interlocuzioni» del tutto neutre dal punto di vista penale, ivi compresi gli sms del 15 maggio 2018 e la telefonata intercorsa il successivo 17 maggio, rispetto ai quali gli inquirenti non avrebbero avuto neanche la possibilità di «rendersi conto che l’interlocutore “Armando” fosse un parlamentare»;

che, in conclusione, anche rispetto al diniego all’utilizzo di tali intercettazioni, il Senato della Repubblica avrebbe ecceduto dai limiti delle proprie attribuzioni costituzionali.

Considerato che, con ricorso depositato il 27 febbraio 2023 (reg. confl. poteri n. 3 del 2023), il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, chiedendo che venga dichiarata la non spettanza del potere di quest’ultimo di negare, con la deliberazione del 9 marzo 2022 (Doc. IV, n. 10), l’autorizzazione a utilizzare nei confronti del senatore Armando Siri le conversazioni telefoniche intercettate nell’ambito del procedimento penale n. 12460 del 2017 R.G.N.R. D.D.A. dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo e confluite nel procedimento n. 40767 del 2018 R.G.N.R. e n. 9200 del 2019 R.G.Dib. pendente presso il Tribunale ordinario di Roma, adducendo «la incerta e implausibile configurazione del requisito della necessità relativamente alle intercettazioni del 15 maggio 2018, prog. 2521 e prog. 2523», nonché la «mancanza del requisito della fortuità e occasionalità in relazione alle telefonate del 17 maggio 2018, prog. 2618, del 17 luglio 2018, prog. 5760, del 4 agosto 2018 prog. 5997 e del 6 agosto 2018, prog. 6043, 6044 e 6090», con ciò travalicando il perimetro delle attribuzioni riservate alla Camera di appartenenza del parlamentare dall’art. 68, terzo comma, Cost.;

che, nella presente fase del giudizio, questa Corte è chiamata a deliberare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, sulla sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a decidere se il conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni delineata per i vari poteri da norme costituzionali, restando impregiudicata ogni ulteriore questione anche in punto di ammissibilità;

che, quanto al requisito soggettivo, deve essere riconosciuta la natura di potere dello Stato al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma, odierno ricorrente, in quanto organo giurisdizionale collocato in una posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare in via definitiva, per il procedimento di cui è investito, la volontà del potere cui appartiene (ordinanze n. 62 del 2023, n. 69 del 2020, n. 25 del 2013 e n. 142 del 2011);

che anche il Senato della Repubblica è legittimato ad essere parte del conflitto di attribuzione, essendo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che esso impersona, in relazione all’applicabilità della prerogativa di cui all’art. 68, terzo comma, Cost. (ordinanze n. 62 del 2023, n. 261 del 2022, n. 276 e n. 275 del 2008);

che, quanto al profilo oggettivo, sussiste la materia del conflitto, essendo questo volto a lamentare l’alterazione del corretto equilibrio tra l’esercizio della funzione giurisdizionale e la salvaguardia delle prerogative e delle immunità parlamentari di cui all’art. 68, terzo comma, Cost., asseritamente menomato dalla pretesa del Senato della Repubblica di valutare autonomamente il requisito della necessità probatoria previsto dall’art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003 (con riguardo alle intercettazioni effettuate il 15 maggio 2018) e di ritenere di natura indiretta, anziché fortuita o occasionale, le restanti intercettazioni di cui il ricorrente ha chiesto l’autorizzazione all’utilizzo nel giudizio pendente dinnanzi ad esso;

che sussistono, quindi, i requisiti soggettivo e oggettivo di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato indicato in epigrafe, promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma nei confronti del Senato della Repubblica;

2) dispone:

a) che la cancelleria di questa Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma;

b) che il ricorso e la presente ordinanza siano notificati, a cura del ricorrente, al Senato della Repubblica, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 26, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 settembre 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Stefano PETITTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 17 ottobre 2023